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Appello per il pratone di Torre Spaccata

(Dalla pagina di A Sud)
Mentre in Emilia Romagna, ancora una volta, l’acqua inghiotte case e strade, mettendo in ginocchio intere comunità, Roma sembra vivere in una bolla di indifferenza. La crisi climatica ci colpisce ormai da vicino, eppure si continua a spingere sul pedale del cemento, ignorando i segni sempre più evidenti di un territorio fragile e vulnerabile. Le devastanti alluvioni al nord sono l’ennesimo richiamo premonitore di quello che potrebbe essere il futuro della nostra città: mangiata prima dal cemento, poi dagli eventi estremi.
In questo scenario, sono tante le voci che si alzano nella Capitale. Un urlo cancellato dalle trivelle tornate proprio ieri a Pietralata, dai cantieri per il porto crocieristico di Fiumicino, le cubature di cemento previste su Snia e Pratone di Torre Spaccata.
In questi luoghi si combatte una battaglia cruciale, una resistenza che chiama a raccolta chiunque riconosca che le terre, i parchi e gli spazi comuni non sono solo un diritto, ma una necessità per affrontare le sfide del nostro tempo.
Eppure, di fronte a questa devastazione, la resistenza si fa più forte. Ogni albero, ogni lembo di terra libera è un pezzo di futuro che ci appartiene, un baluardo contro la crisi climatica che incombe.
Il Pratone di Torre Spaccata deve essere un parco naturale, non un'ennesima speculazione edilizia. Le coste di Fiumicino devono essere protette, non sfruttate. Pietralata ha bisogno di spazi e verde pubblico, non di cattedrali nel deserto.
Un appello alla mobilitazione, alla solidarietà tra quartieri, tra cittadinə: questa battaglia non è solo locale, ma globale. È una battaglia per la giustizia climatica, per il diritto alla salute e all’ambiente. È una lotta che ci riguarda tuttə, e che non può più essere rimandata.

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