/

Laurearsi in carcere, nasce il Polo universitario Sapienza

La rettrice, Antonella Polimeni: “Strumento efficace per aprire le porte del sapere”. Il delegato, Pasquale Bronzo: “La detenzione non sia un tempo sospeso ma un periodo di autentica preparazione per il rientro in società”

mano che scrive

ROMA - La formazione universitaria come chiave che apre nuove possibilità di reinserimento e come strumento prezioso per una revisione critica del proprio vissuto in preparazione del rientro in società: è questa l’ottica con cui nasce il Polo universitario penitenziario Sapienza, istituito il 4 novembre scorso dal Senato accademico dell’ateneo romano.

L’importante passaggio nella storia dell’istruzione intramuraria è avvenuto in attuazione del protocollo d’intesa sottoscritto dalla Conferenza nazionale dei Poli universitari penitenziari con il Dap (Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria) e delle linee guida adottate dalle due istituzioni sulle modalità di collaborazione tra le università aderenti e gli organismi penitenziari.

“Si tratta di una infrastruttura di servizi dedicati alle attività funzionali a garantire il diritto allo studio e il conseguimento dei titoli universitari ai detenuti” spiega una nota dell’ateneo specificando che “sono stati fissati alcuni punti chiave: la platea dei destinatari, il supporto per la gestione delle pratiche amministrative, ma anche l’orientamento allo studio, la didattica dedicata, l’utilizzo di materiale delle biblioteche e le attività di placement e di collegamento con il mondo del lavoro”.

“Il polo universitario penitenziario rappresenta uno strumento efficace e diretto per attivare procedure che aprano le porte del sapere e dell’università in un’ottica inclusiva e di Terza Missione stimolando concreti percorsi di riabilitazione e di reinserimento sociale - sottolinea la rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni -. Una novità che si inserisce nel solco di un impegno che Sapienza ha già assunto con diverse attività come le ricerche sull’architettura carceraria e le attività di collaborazione legate al modulo per l’affettività e la maternità completato da poco presso la casa circondariale femminile di Rebibbia”.

“La scommessa – spiega Pasquale Bronzo, delegato della rettrice per il Polo - è fare in modo che la detenzione non sia un tempo sospeso ma un periodo di autentica preparazione al rientro in società durante il quale i detenuti possano intraprendere percorsi formativi di alto livello per acquisire o integrare il proprio capitale culturale. La presenza delle università nei luoghi di detenzione ha in questo senso una profonda valenza culturale per il Paese e favorisce più ampia discussione sul significato che possono avere la pena e l’esecuzione penale”.

“Il Polo penitenziario universitario - sottolinea il prof. Bronzo - vuole valorizzare e intensificare la presenza della Sapienza negli istituti detentivi del territorio e, più in generale, la considerazione ‘speciale’ che deve a tutti gli studenti che vivono l’esperienza del carcere o si trovano comunque nel circuito penale: l’intento è creare sinergie tra docenti, tutores, studenti detenuti, operatori di Polizia Penitenziaria, educatori, rappresentanti del volontariato. Un Ateneo pubblico, e grande, come Sapienza non può non riservare una cura particolare a questi studenti e al carcere come parte del territorio al cui progresso ha il dovere di contribuire”.

Autrice: di Teresa Valiani
Articolo da: https://www.redattoresociale.it/

Condividi l'articolo sui social

News di:

Dai Municipi:

Tags