(Recensione di Giuseppe Rizzo, giornalista di Internazionale)
È in libreria da un po’ di giorni un piccolo gioiello letterario, Storia di mia vita di Janek Gorczyca edito da una coraggiosa Sellerio.
“Le persone che non cadono,
in realtà è perché non stanno in piedi”.
Goliarda Sapienza
La prima volta che Janek Gorczyca ha scritto qualcosa della sua vita lo ha fatto in alcune lettere spedite a un amico dal carcere romano di Rebibbia. La seconda su dei quaderni che nel giro di poco sono diventati uno degli esordi letterari più originali e interessanti degli ultimi anni. Storia di mia vita (Sellerio 2024) è allo stesso tempo un’avventura picaresca, una fotografia precisa della vita di strada, il racconto di come il potere possa annientare i corpi più vulnerabili e un’autobiografia senza un aggettivo in più. Ma nel momento in cui incontro Gorczyca è solo un libro nel sacchetto di plastica di un discount, che l’autore si porta dietro come una borsa.
Sessantadue anni, alto e secco come un fiammifero, Gorczyca si muove per le strade di Monte Sacro con un passo lento e sicuro: del quartiere nel nordest di Roma conosce ogni angolo e incrocio, su alcuni marciapiedi durante i moltissimi anni che ha vissuto come senza dimora ci ha dormito, su altri ci ha fatto a botte e su certi ha ricordi preziosi e felici. “Ma conosco tutta città, per mio lavoro di fabbro ho girato tutto”, dice.
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