Quasi il 10% della popolazione romana non riesce ad affrontare spese improvvise o quelle legate all’abitazione come mutuo, locazioni, spese condominiali, bollette. E il 7% vive in condizioni di grave deprivazione abitativa: immobili insicuri o precari, immobili mal riscaldati o in condizioni igieniche inadatte, alloggi in strada come roulotte, tende o baracche, un dato superiore di quasi 2 punti percentuali rispetto a quello nazionale che arriva 5%. Una povertà che è cresciuta con la pandemia: quasi 7.500 persone che si sono rivolte per la prima volta ai centri d’ascolto delle Caritas parrocchiali; raddoppiate le tessere per l’emporio della solidarietà; più 28,7% l’attività delle mense. È il nuovo allarme che lancia la Caritas diocesana nell’annuale rapporto “La povertà a Roma: un punto di vista“, che nel titolo aggiunge la frase “Nessuno si salva da solo”, che riprende le parole di Papa Francesco sulla pandemia.
E proprio l’emergenza sanitaria e sociale ha cambiato profondamente la città, come dimostrano gli interventi della Caritas e delle parrocchia. “Nel Lazio – si legge nel rapporto – si profila un netto processo di impoverimento diffuso nascente anche da uno stato di profondo scoraggiamento della popolazione, come se il moltiplicatore di disagio rappresentato dal Covid-19 avesse azzerato le aspettative e i legittimi sogni di una fascia di popolazione”. Sono state 7.476 le persone che si sono rivolte per la prima volta ai Centri d’Ascolto delle Caritas parrocchiali nel corso dei primi nove mesi del 2020. Queste si aggiungono alle 40.607 che le parrocchie avevano già preso in carico nel corso degli anni. Nel 64,4% dei casi, il rappresentante della famiglia che ha varcato per la prima volta la soglia del Centro d’Ascolto è una donna, il 54% è al di sotto dei 45 anni (4,1% al di sotto dei 25 anni), mentre gli ultrasessantacinquenni sono il 14,7%. Per il 48,7% sono italiani, seguiti da filippini (16,3%), peruviani (4,9%), romeni (4,7%) e altre 97 nazionalità. La Caritas segnala in particolare il forte aumento dei filippini: solo 183 erano seguiti in modo stabile all’inizio del 2020 mentre ben 1.217 quelli che si sono aggiunti nel corso del lockdown, “in modo particolare lavoratori domestici e assistenti alla persona, soprattutto badanti che vivevano nelle case degli assistiti, che si sono trovati senza reddito andando ad abitare in sistemazioni di fortuna insieme a connazionali”.
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