Lo stabile di via del Caravaggio 105, definito “l’occupazione più grande d’Italia” e che ospitava almeno 127 famiglie e fino a 400 persone, è stato sgomberato. Non dalle forze di polizia ma dall’esito di una lunga azione amministrativa che ha visto impegnati tutti i livelli istituzionali per il rinvenimento di soluzioni immobiliari alternative. Torna così nella disponibilità della famiglia di costruttori Armellini lo stabile, mentre la metodologia applicata nel caso romano diventa già una buona pratica per la gestione dell’ordine pubblico evidenziata a livello nazionale.
Dove vanno le famiglie di via del Caravaggio
Al centro della risoluzione del problema Caravaggio 105, c’è stato il dialogo e la stretta sinergia fra amministrazione regionale, comunale, Ater e prefettura di Roma. Fra patrimonio regionale e dell’Azienda case popolari sono stati rinvenuti 80 appartamenti, altri 13 sono stati messi a disposizione dal Comune di Roma che ha erogato anche dei buoni affitto: progressivamente, dunque, gli occupanti hanno ottenuto delle soluzioni domiciliari alternative, il che ha consentito di terminare l’uso abitativo del palazzo.
La storia dell'occupazione
Fino al 2013 lo stabile ospitava gli uffici dell’assessorato regionale al Patrimonio. Dopo la restituzione da parte dell’ente istituzionale alla proprietà privata era arrivata l’occupazione da parte dei movimenti per il diritto all’abitare. A favore della parte privata era stata emessa anche una sentenza del TAR del Lazio che ha disposto in passato un risarcimento del danno da 260mila euro al mese per il lucro cessante patito dai costruttori.
Video del 2019 - Valeriani visita l'occupazione di viale Caravaggio: "No agli sgomberi senza alternativa"
La soddisfazione degli enti
Le reazioni positive partono dal governo e arrivano agli enti di prossimità. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese diffonde una nota: “La riconsegna oggi ai proprietari di due immobili occupati da oltre sette anni in viale del Caravaggio assume un importante valore perché avviene senza l'uso della forza pubblica, al termine di una trattativa che ha consentito di trovare soluzioni abitative alternative grazie all'impegno profuso dalla regione Lazio e dal comune di Roma. La liberazione dei due stabili consente anche di chiudere una vicenda giudiziaria che grava pesantemente sulle casse dello Stato.
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