Oltre 11mila stranieri nel Lazio sono sconosciuti all'anagrafe. Tra le cause i ritardi e l'eccesso di burocrazia. La fotografia del diciassettesimo Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio.
Nel Lazio 11.506 stranieri sono “invisibili”, risultano presenti regolarmente all’interno delle province ma sono sconosciuti all’anagrafe. Colpa sì del nuovo metodo censuario ma anche dell’eccesso di burocrazia e ritardi che interessano soprattutto la capitale, dove risiedono l’81,2% dei migranti residenti nel Lazio. È la fotografia che scatta il diciassettesimo Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio, frutto della collaborazione tra il Centro Studi e Ricerche IDIOS e l’Istituto di Studi Politici S. Pio V.
Se a Roma sono 635.569 gli stranieri residenti, le province laziali con più alta densità di migranti sono Latina (8,3%), Viterbo (4,7%), Frosinone (3,8%) e infine Rieti (2,0%). Pur essendo presenti tutti i gruppi nazionali presenti in Italia, i romeni nel Lazio superano le 190mila unità (quasi un terzo del totale) seguiti dai filippini (7,0%), bangladesi (6,5%), indiani (5,1%) e cinesi (4,0%). In media la presenza femminile supera quella maschile raggiungendo il 51,6% del totale degli stranieri.
Il diciassettesimo Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio è il primo rapporto dopo il biennio pandemico, che «ha visto cambiare la morfologia umana in sé» ha spiegato durante la presentazione Paolo de Nardis, presidente dell’Istituto S. Pio V. «Questi due anni e mezzo hanno fortemente condizionato le morfologie dell’accoglienza. Si sono avviate nuove forme di gentrificazione nella nostra città che hanno spostato sempre più in ultra-periferia (fuori dal GRA) i nuovi flussi migratori. Il nuovo capitalismo edilizio non ci concentra più nell’acquistare nuovi terreni per costruire, ma impossessarsi del sotto-suolo per poter collegare quanta più fibra ottica e così investire su urbanizzazione digitale. Ma questo cosa comporta dal punto di vista dei conflitti sociali?».
Mancato accesso ai diritti
Una prima risposta sta nell’aumento dei migranti “irregolari” per via di un’amministrazione tardiva nel concedere risposte. Il numero di rilasci di nuovi permessi di soggiorno è il più basso degli ultimi dieci anni: nel 2020 nel Lazio sono stati rilasciati 12.061 nuovi documenti con una diminuzione di 8.878 unità (-42,4%). Preoccupa il calo di nuovi permessi per motivi di asilo e protezione umanitaria (-53,4%) seguiti da quelli rilasciati per studio (-47,3%) e per motivi legati alla famiglia (-42,6%). «C’è un evidente problema di accesso ai diritti di queste persone dovuto ad un blocco burocratico» afferma Eugenio Ghignoni, segretario Cgil di Roma e del Lazio. «È la prima volta che la crisi colpisce maggiormente i lavoratori migranti e questo impatta sul tema delle diseguaglianze: diminuendo il lavoro regolare torna quello nero unito ai fenomeni di caporalato. Le istituzioni, tra cui le prefetture, sono bloccate. E questo è in parte dovuto ad una stagione politica che ha voluto il blocco».
Davanti a prassi amministrative tardive e molte volte respingenti, gli stranieri restano indietro nell’accesso di servizi essenziali (durante la pandemia sono stati penalizzati anche per le vaccinazioni anti covid). Gli immigrati di Roma e nel Lazio accedono sempre meno alla cittadinanza, gli alunni scarseggiano all’interno delle scuole e sono ancora pochi gli adulti che riescono a partecipare ai corsi di italiano.
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