Parla il vescovo Krivitsky che guida la diocesi di Kiev-Zhytomyr. «Il mondo chieda a Putin una tregua di Natale. Tutte le nostre chiese aperte per chi non ha luce e riscaldamento»
(Giacomo Gambassi, inviato a Kiev su l'Avvenire.
Definisce l’inverno «la croce che quest’anno l’Ucraina è chiamata a portare». E, come nel Vangelo, auspica che qualche Cireneo aiuti il Paese a farsene carico. «Il nostro Simone di Cirene, che lungo la via dolorosa aveva alleviato le sofferenze di Cristo abbracciando la croce, è per noi l’Occidente: ci sostenga con tutti i mezzi che può e ci eviti una catastrofe umanitaria; ma faccia anche pressione su Mosca perché fermi i bombardamenti: una tregua per il tempo di Natale sarebbe un segnale», spiega il vescovo latino di Kiev, Vitaliy Krivitsky. Il suo studio è sopra le navate della chiesa di Sant’Alessandro, poco distante dal quartiere governativo della capitale. La metropoli è già imbiancata dalla neve, ma ancora le temperature non hanno raggiunto la soglia d’allarme: quei dieci o venti gradi sotto lo zero che sono ordinari nell’inverno ucraino.
«La strategia del Cremlino di colpire le infrastrutture energetiche per lasciare senza energia elettrica, acqua e riscaldamento tutta la nazione dice che l’aggressione russa non ha tanto obiettivi militari, quanto la nostra gente: si vuole ucciderla ricorrendo ai missili e al gelo oppure costringerla a fuggire per svuotare il Paese», afferma il presule. «L’inverno ci fa paura: è inutile nascondercelo. Ma resisteremo, come abbiamo già dimostrato in questi nove mesi di guerra». La luce va e viene. Almeno per metà della giornata manca la corrente. Eppure, per espressa volontà di monsignor Krivitsky, tutte le chiese della diocesi si stanno attrezzando con generatori diesel e stufe a gas per essere «rifugi a disposizione della popolazione in caso di emergenza», dice il vescovo. «Si potrà stare al caldo quando le abitazioni saranno al ghiaccio; avere l’elettricità; e soprattutto poter mangiare. Perché senza energia elettrica non si è in grado neppure di preparare i pasti. Ciò significa far morire di fame le persone. E questo è disumano». Poi cita l’Holodomor, la carestia ucraina provocata dall’Urss negli anni Trenta che ha ricordato anche il Papa nella sua lettera al Paese aggredito. «È stato un genocidio pianificato a tavolino. Adesso si vuole ripetere qualcosa di simile», sostiene l’energico salesiano 50enne originario di Odessa. Dal 2017 guida la diocesi di Kiev-Zhytomyr, otto milioni di abitanti dove i cattolici di rito latino sono poco più di 200mila.
Continua su: l'Avvenire.